L’Obesità infantile nelle Cure Primarie. Pediatric Obesity in Primary Practice. A Review of the Literature

Jessica Durbin; Mitzi Baguioro; Donita Jones. Pediatr Nurs. 2018;44(4):202-206. https://www.pediatricnursing.net/issues/18julaug/abstr7.html

Riassunto

L’obesità infantile è un’epidemia, con conseguenze fisiologiche e psicologiche negative sulla salute. I professionisti delle cure primarie (PCP) possono impegnarsi nella prevenzione dell’obesità favorendo comportamenti sani positivi dall’inizio della vita. Fornire supporto e interventi basati sulle evidenze può consentire ai bambini di evitare le comorbidità dell’obesità. La revisione della letteratura  2012 – 2017 con le parole chiave “obesità infantile”, “attività fisica”, “dieta” e ” indice di massa corporea ha permesso di evidenziare 4 studi:

1) studio randomizzato di controllo sugli effetti di un esercizio di allenamento di 10 settimane di ragazzi obesi da 8 a 10 anni,

2) studio trasversale su 6.539 bambini di 9 – 11 anni sulla correlazione tra attività fisiche/comportamento sedentario e BMI/ tassi di obesità,

3) studio randomizzato su 5158 bambini di età 6 – 11 anni sugli effetti di un programma di camminata sul BMI,

4) revisione sistematica sull’efficacia del comportamento alimentare e motorio scolastico di 22 studi, su 7218 bambini / adolescenti di 6 – 18 anni.

I risultati di tutti gli studi hanno rivelato una riduzione dell’obesità quando un’attività fisica adeguata e pasti equilibrati sono stati incorporati durante l’infanzia. Integrare i risultati basati sull’evidenza in pratica può favorire la salute e il benessere dei bambini e ridurre i costi sanitari attribuiti all’obesità.

 

Implicazioni per la pratica clinica

L’intervento sull’obesità infantile in una fase molto precoce della vita promuove comportamenti di salute positivi instillando scelte di stile di vita sano che miglioreranno la salute generale e preverranno le complicazioni in adolescenza e in età adulta. La prevenzione deve iniziare al concepimento perché l’aumento di peso materno influenza l’aumento di peso neonatale. È necessario porre l’accento sul ruolo dei Pediatri di Famiglia (PdF)nella pratica clinica per ridurre questa malattia.

Una delle implicazioni di questa rassegna nella pratica clinica è l’importanza dello screening e della diagnosi dell’obesità e di altre condizioni di comorbidità da parte dei clinici. I PdF devono incorporare nella propria pratica uno screening regolare dell’obesità infantile, indipendentemente dalla valutazione periodica annuale. Questa routine dovrebbe verificarsi durante ogni visita di controllo. Lo screening annuale dell’obesità dovrebbe includere il calcolo del BMI e la valutazione con le carte di crescita dai 2 ai 18 anni e le soglie di sovrappeso e obesità in base all’età e al sesso del bambino, nonché il controllo della pressione arteriosa dai 3 anni. I medici dovrebbero proporre valutazioni di laboratorio a seconda dell’età, del BMI. Lo screening annuale deve includere la valutazione dell’alimentazione, dell’attività fisica e dei comportamenti sedentari del bambino, dei fratelli, dei genitori e caregiver.

I PdF possono condurre tecniche di intervista secondo i principi del Colloquio di Motivazionale con il bambino, i genitori e gli operatori sanitari. Questa tecnica è utile per ridurre gli ostacoli ed identificare le barriere che il bambino e il genitore o il caregiver potrebbero avere nei confronti di scelte alimentari sane e attività fisiche come tempo e vincoli finanziari, paura di lesioni, vincoli coniugali, sicurezza e altre condizioni mediche. Interviste motivazionali e lodi agli sforzi compiuti possono essere utilizzati dai clinici per incoraggiare il cambiamento del comportamento.

L’algoritmo di prevenzione e persino di gestione dell’obesità pediatrica si concentra sull’intervento di educazione e incoraggiamento dei bambini e delle famiglie a raggiungere un peso sano attraverso un equilibrio tra assunzione, attività fisica, riposo, sonno e tempo sedentario appropriato per l’età del bambino.

Raccomandazioni nutrizionali e di attività fisica per i bambini con obesità età da 2 a 4 anni includono l’evitare bevande zuccherate, come i succhi di frutta, incoraggiando il gioco libero per il maggior numero di ore possibile per ridurre l’attività sedentaria.

I bambini dai 2 ai 4 anni con BMI inferiore all’85 ° al 95 ° percentile dovrebbero mangiare da 1 a 1,5 tazze di frutta / verdura al giorno e avere meno di 2 ore di schermo al giorno (TV, computer, video giochi o cellulare).

Quelli con BMI superiore al 95° percentile sono incoraggiati a limitare l’assunzione di carboidrati mentre aumentano una dieta a basso indice glicemico (alimenti che impediscono l’aumento di glucosio nel sangue come grano integrale, avena, crusca, patate dolci, frutta, carote e altre verdure non amidacee) e 1 ora o meno di tempo per lo schermo al giorno.

Le raccomandazioni per tutti i bambini di età compresa tra 5 anni e l’adolescenza includono l’evitare bevande zuccherate e il facilitare 60 minuti di attività fisica moderata/ vigorosa. Quelli con BMI inferiore all’85 ° al 95 ° percentile dovrebbero mangiare da 1,5 a 2 tazze di frutta e 3+ tazze di verdura al giorno e limitare il tempo di schermo a 1-2 ore al giorno. Quelli con BMI superiore al 95° percentile dovrebbero limitare l’assunzione di carboidrati mentre aumentano la dieta a basso indice glicemico e limitare il tempo di visualizzazione a meno di 1 ora al giorno. Le attività fisiche possono includere prendere, lanciare la palla, correre, camminare, ballare, nuotare, andare in bicicletta e praticare sport (American Academy of Pediatrics AAP, 2016).

Un’altra raccomandazione è l’educazione familiare. Educare non solo il bambino, ma anche i genitori, i tutori e gli assistenti sanitari è una delle misure più efficaci per garantire l’aderenza e risultati di successo duraturi. I messaggi di prevenzione dell’obesità dovrebbero essere indirizzati ai genitori e ai caregiver del bambino perché le buone abitudini dietetiche e di esercizio fisico iniziano a casa (Babey, 2015). I genitori e i caregiver hanno influenze durature sulle scelte, che i bambini fanno. La consulenza e l’insegnamento di bambini e famiglie per limitare il consumo di bevande zuccherate, seguire una dieta con le quantità raccomandate di frutta e verdura, fare colazione ogni giorno e pianificare il più possibile i pasti in famiglia dovrebbe essere fornite ai bambini. L’importanza di evitare i fast food, adeguare le dimensioni delle porzioni all’età, evitare la televisione prima dei 2 anni, partecipare alla pianificazione e preparazione dei pasti familiari, fare shopping e impegnarsi in attività ricreative familiari che coinvolgono tutti dovrebbero essere ribadite perché sono essenziali nella lotta all’obesità. I genitori e gli operatori sanitari dovrebbero essere invitati e incoraggiati a creare buoni esempi per i loro figli, facendo scelte salutari e diventando dei buoni modelli per un percorso di benessere per i loro figli.

Conclusione

Gli operatori delle cure primarie sono fondamentali nell’aiutare e promuovere cambiamenti positivi nei bambini e nelle famiglie. La modifica dello stile di vita delle famiglie attraverso un’alimentazione sana e attività fisica può avere un impatto sul peso e sul benessere . L’attività fisica moderata di almeno 1 ora al giorno, nonché un’alimentazione equilibrata consistente in una riduzione della quantità di zucchero, grassi e bevande zuccherate, hanno contribuito a ridurre il BMI e così l’incidenza dell’obesità tra i bambini e gli adolescenti.

L’uso del BMI esclusivamente per misurare l’obesità ha dei limiti clinici. Ulteriori ricerche che utilizzano sia la percentuale di grasso corporeo che le misurazioni del BMI attraverso la tecnologia avanzata (bioimpedenziometria e densitometria) hanno una misurazione più diretta sul grasso corporeo e sui muscoli. Pertanto, tali metodi sono molto più precisi per il monitoraggio clinico dell’obesità e dello stato di peso nei programmi di ricerca e per la guida di politiche per promuovere un peso sano nei bambini.

La PDF italiana dovrebbe farsi avanti pe affontare con successo questo tema

 

 

Novità sulla cura dell’Obesità intesa come “malattia cronica”. Come affrontare lo Stigma sul peso e lavorare in Rete. R Tanas Lizzanello 13.07.2018

L’obesità in età evolutiva, come sottolineato dagli innumerevoli studi di etiologia, epidemiologia e comorbilità, sta compromettendo la salute della popolazione e la tenuta dei SSN di tutti i paesi. L’allocazione delle risorse intellettuali ed economiche, nonostante le ripetute raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) agli Stati membri è molto modesta e disomogenea. L’efficacia di progetti di prevenzione e terapia purtroppo è ancora scarsa con risultati piccoli sul BMI zscore, così pochi professionisti sono disposti ad investire nella formazione professionale e nell’organizzazione della cura e pochi pazienti sono disposti ad accettare le cure e seguirle per il tempo necessario1.

Si parla sempre più di medicina centrata sul paziente, di paziente empowered, anzi addirittura engaged nel suo piano di cura; tutti i professionisti sanitari cercano di realizzare la migliore relazione terapeutica col paziente. Davanti al problema “Obesità”, però, sembrano decisi ad arrendersi. I commenti sono ripetitivi: “non c’è nulla da fare”, “non si ottiene nulla”, “non c’è soddisfazione…”. Pare che non si trovi altro modo per affrontare il tema che ignorarlo, abbandonando così le famiglie ad un’autogestione inutile ed anche pericolosa.

Come realizzare allora Prevenzione e Cura precoce, sollecitata da tutte le Linee Guida e dalla nostra Consensus2 appena pubblicata?

La mia esperienza, in sintonia con la letteratura recente3, propone a tutti i professionisti sanitari 5 azioni:

  1. Accettare l’Obesità come “malattia”, anzi come “malattia cronica”4-5.
  2. Utilizzare l’Educazione Terapeutica del Paziente, proposta dal 1998 dall’OMS per la cura delle Malattie Croniche6.
  3. Migliorare la relazione con la famiglia e il paziente condividendo il principio fondamentale del Colloquio di Motivazione di Miller e Rollnick7, cioè il rispetto assoluto della loro libertà di scegliere.
  4. Affrontare/ridurre lo Stigma sul peso in ambito sanitario8-9, familiare e scolastico e contenere le sue conseguenze sulla salute fisica e psichica10 (Tabella 1).
  5. Imparare a lavorare in Rete11-12.

Tabella 1 Conseguenze dello Stigma sul peso sulla salute globale (10).

  1. Aumento del rischio di depressione, ansia, bassa autostima, comportamenti alimentari insani/estremi, insoddisfazione per il corpo, Disordini del comportamento alimentare e idee di suicidio.
  2. Aumento del peso, delle sue comorbilità, della mortalità per qualunque causa.
  3. Riduzione della motivazione all’attività motoria, richiesta di cure, intenzione di cambiare e self-efficacy.

In ambito sanitario lo stigma si associa a visite più brevi, messaggi più veloci e meno convincenti, maggiore distanza fisica medico-paziente.

 

Come fare la diagnosi (quali curve e cut-off utilizzare). Come comunicarla. Come valutare e comunicare l’andamento della malattia durante e dopo terapia.

Per curare una malattia con la collaborazione di una rete occorre definire e condividere con essa i criteri diagnostici. La definizione di obesità in età evolutiva non è ancora solidamente condivisa e si è evoluta negli ultimi anni; solo nel 2017 si è concordato di utilizzare il BMI zscore, calcolato secondo le carte del OMS 2006-2007 ed i suoi cut-off2,13 (Tabella 2).

Tabella 2 Diagnosi di eccesso ponderale secondo le Carte OMS 2006-2007 e Cut-off diagnostici secondo l’età del bambino13.

< 5 anni

●       Rischio di Sovrappeso     BMI zscore > 1 = 85°    pc

●       Sovrappeso                      BMI zscore > 2 = 97,7° pc

●       Obesità                             BMI zscore > 3 = 99,9° pc

 

> 5 anni

●       Sovrappeso                     BMI zscore > 1 = 85°    pc

●       Obesità                            BMI zscore > 2 = 97,7° pc

●       Obesità severa                BMI zscore > 3 = 99,9° pc

Su una malattia stigmatizzata come l’obesità la sfida maggiore resta la comunicazione della diagnosi, superando la mancanza di consapevolezza delle famiglie, elevatissima per i bambini più piccoli e le forme più lievi14, superando lo stigma sul peso e i sensi di colpa. Il tema dello stigma è stato recentemente molto valorizzato e studiato. Come parlare di obesità con le famiglie? Si consiglia un atteggiamento non giudicante e non colpevolizzante9. Il Counseling breve delle 5A modificate del network canadese per le cure primarie15 come l’Accademia Americana di Pediatria suggeriscono di chiedere il permesso di occuparsene prima di aprire l’argomento ed evitare parole deridenti, magari scegliendo quelle usate dalla famiglia stessa per parlare della loro “obesità”.

Un altro forte ostacolo alla terapia è la proposta di obiettivi irrealizzabili da parte dei clinici: chiedere al paziente di ottenere risultati sul calo di peso che, stando alla letteratura, quasi nessuno è riuscito a raggiungere16. Con l’avanzare degli studi, infatti, la medicina ha dovuto accettare quanto sia difficile dimagrire e quasi impossibile mantenere nel tempo il calo ponderale inizialmente realizzato: bisogna ridurre le attese professionali17. Se da una parte il rinforzo dei piccoli risultati raggiunti aiuta a mantenere il progetto e magari ottenerne maggiori, dall’altra il senso di fallimento per la ripresa del peso perduto è causa di perdita di fiducia e stima in se stessi e quindi di aggravamento della condizione clinica dei pazienti18.

Si suggerisce oggi di valutare l’esito della terapia sui comportamenti, sulle intenzioni del paziente a cambiare, sulla qualità percepita della vita senza focalizzarsi sui kg persi o da perdere: aiutare pazienti e famiglie a superare la delusione frequente di non vedere il peso tornare alla norma facilmente, in fretta e per sempre, ed evitare così di favorire comorbiltà, come ansia, depressione, disordini alimentari e l’introiezione dello stigma sul peso19.

Simulazione di un colloquio basato sulla Negoziazione di Brazelton per comunicare la diagnosi alla famiglia. Attori: un pediatra di famiglia, un genitore ed una bambina

Dato che la motivazione professionale è indispensabile al successo terapeutico20 e dato che non è facile ripartire con fiducia con un progetto di cura nuovo21, si è proposto ai pediatri di famiglia, delusi da tanti precedenti fallimenti, un colloquio basato sui principi di Brazelton e quelli del Colloquio di Motivazione22, mimato in aula con tre partecipanti nel ruolo di attori e commentato battuta per battuta dal relatore, per evidenziare le piccole differenze “magiche” con le quali il pediatra di famiglia può far nascere motivazione, là dove pareva non ci fosse neppure la minima consapevolezza del problema, e costruire insieme un progetto di azioni definite, fatto dalla madre e dalla bambina con la guida del professionista. È possibile ascoltare la simulazione iscrivendosi al corso su http://www.corsidiformazionecm.it/index.php/eccesso-ponderale-in-et%C3%A0-evolutiva-2017

Perle e Delfini: un progetto di cura, realizzato a Ferrara implementato e implementabile in altre sedi.

Il programma noto con il nome Perle e dei Delfini (metafore di due delle pochissime cose tonde ancora simpatiche ai più) è stato realizzato con successo dal 2000 presso la Pediatria dell’Azienda Ospedaliera di Ferrara, descritto dall’autore in varie occasioni23 e nei suoi particolari nel manuale Perle e Delfini

https://www.medicoebambino.com/_obesita_risultati_terapeutica_educazione_pediatra_bmi_adolescenti_terapia e https://www.ordinemedicife.it/bollettino-on-line/ Bollettino: I Disturbi del Comportamento Alimentare, https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/medicina-e-salute/397331/perle-e-delfini-2/. Esso rispetta il principio di non colpevolizzare, ma sostenere e far crescere la famiglia perché affronti il problema nella maniera più adatta e meno difficile per lei.

Il programma è svolto da un solo operatore che gestisce le collaborazioni professionali, quando necessarie, in maniera personalizzata, adattata cioè alle finalità di salute di ogni singolo bambino. È costituito da una fase di avvio in 4 tempi ed un follow-up coordinato con la famiglia e tutti i professionisti coinvolti. (Tabelle 3-6).

Tabella 3 Le tappe della cura “Perle e dei Delfini” con l’Educazione Familiare.

La fase di Avvio in 4 Tappe

  • Prima Visita.
  • Lettura del libro “Il Gioco delle Perle e dei Delfini”.
  • Incontro di gruppo per le famiglie e i ragazzi con invito alla lettura di “Perle e delfini per ragazzi”.
  • Visita di completamento diagnostico-terapeutico.

Il Follow-up

  • nel primo anno 1-2 visite
  • dopo il primo anno 1 visita o un richiamo telefonico/anno

Le Collaborazioni per il PdF / Medico di Base

  • Nutrizionista /Dietista: Colloquio dietologico
  • Laureato in Scienze Motorie: Attività motoria guidata e adattata
  • Team interdisciplinare: cure integrate per i casi gravi / resistenti.

Tabella 4 Gli strumenti per la cura

  • Cercare la buona relazione con famiglia e paziente
  • Chiedere il permesso di parlare di “Peso”
  • Evitare etichette stigmatizzanti: e. bambino obeso
  • Ascoltare i pensieri della famiglia sul tema in maniera non colpevolizzante e giudicante,
  • Suscitare e sostenere la loro motivazione.
  • Cambiare la loro storia: dai tentativi di cura del loro “problema bloccato”, incementato da colpa e ripicche, ad una storia nuova, fatta da loro, magari con esperienze già vissute, ora rivalutate. (Dammacco F: Autobiografia e Pensiero narrativo. http://www.acfriends.it/files/038_autobiografia_e_pensiero_.pdf)

Tabella 5 Temi dell’Incontro Familiare di Gruppo

  • Ridurre le Attività Sedentarie.
  • Aumentare l’Attività Motoria Piacevole.
  • Scegliere un’Alimentazione più Sana e Piacevole:
  • La prima colazione
  • Bere acqua e meno bibite dolci
  • La porzione
  • Il mangiare a casa, piuttosto che fuori casa.
  • Periodo Scolastico e Vacanze.
  • Rinforzo Positivo familiare di tutti i piccoli risultati.
  • Discussione degli obiettivi e proposta di obiettivi possibili e condivisi.

  Tabella 6 Obiettivi delle 4 tappe della fase di Avvio

  1. Valutazione del rischio personale in base
  • agli esami di laboratorio ed ecografici.
  • ai primi risultati comportamentali e obiettivi.
  1. Rinforzo positivo dei piccoli risultati iniziali ottenuti
  • Clinici (BMI ,acantosi nigricans, smagliature, glicemia, etc).
  1. Eventuale attribuzione di nuovi obiettivi concordati e personalizzati.

Caso clinico: La storia di “A”.

La presentazione dei vari tempi della cura, delle novità del programma e dei suoi ottimi risultati è esemplificata nel racconto di un caso clinico “A”: bambino di 9 anni, già seguito da 2 anni da altri nutrizionisti senza risultati e portato dai genitori per avere finalmente la “dieta dell’esperto”, quella miracolosa, quella che lo farà tornare “normale”. I miracoli che la “cura” proposta, pur senza dieta e forse proprio per questo, realizza nella vita di tutti i giorni di “A” sono descritti in un curioso romanzo “Un libro di @mail”: una raccolta di lettere della mamma alla pediatra nate dalla necessità di farsi dare “la dieta”, senza la quale secondo la famiglia non ci si può aspettare nessun risultato. I risultati sul peso, invece, sono comparsi solo dopo 18 mesi, il tempo giusto per quella famiglia per modificare i comportamenti di tutti i suoi componenti, cambiando tante cose nella vita del bambino: risultati bellissimi e persistenti anche sul peso fino ad oggi, dopo 4 anni! https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/biografia/333841/un-libro-di-mail/.

 

La Rete di intervento : Famiglia – Scuola- Pediatra di Famiglia-

Specialisti in genere e Team di 2°-3° livello.

Il bambino è immerso in un ambiente che lo condiziona e che, crescendo, potrà a sua volta modificare. Questo è il principio del modello ecologico di Bronfenbrenner24, che deve guidare il professionista nella cura.

Secondo il Modello Ecologico di Bronfenbrenner adattato all’obesità infantile24, ogni bambino con obesità ha una sua rete prossimale costituita dalla famiglia, dalla parrocchia, dal vicinato e dalla scuola. Sono importanti anche l’ambulatorio pediatrico e tutti i professionisti sanitari incontrati dalla famiglia per qualunque altro motivo, che vanno messi in rete perché lavorino in sintonia permettendo e facilitando l’adozione di stili di vita più sani, anziché disinteressarsi del problema peso o ostacolarne la cura con parole o toni di derisione e giudizio. Esiste poi la rete più lontana fatta di tradizioni, consuetudini, leggi che possono aiutare la soluzione del problema, anche se non sono modificabili rapidamente da parte di ogni singolo professionista. Solo dopo aver chiarito ciò si può prendere in considerazione la rete dei professionisti dedicati alla cura dell’obesità ed i livelli dell’assistenza sanitaria.

I tre livelli proposti per realizzare la terapia2,12 sono ben noti, ma ancora inesistenti in quasi tutte le città italiane: non è attualmente realistico parlare di 2° e 3° livello funzionanti. Anche là dove queste strutture esistono, risultano assolutamente inadeguate per tempi, professionisti e strutture dedicati rispetto al lavoro richiesto dalla pandemia. Il 1° livello ha il carico di lavoro maggiore: fare e comunicare la diagnosi, creare o sostenere la motivazione al cambiamento, realizzare un percorso di cura di 2-3 anni. Agli altri livelli resta solo il compito di curare i pazienti più gravi, resistenti e/o già complicati, con esiti e risultati ancora senza nessuna evidenza scientifica forte, davvero scarsi sul peso e inficiati da elevatissimi drop-out; in oltre questi 2° e 3° livello hanno l’importantissimo compito organizzativo e culturale di formazione continua della rete, raccolta dati, valutazione degli esiti, eventuali aggiustamenti del programma e ricerca.

Non essendoci giustificazioni plausibili per ulteriori ritardi, si propone per cominciare subito a cambiare rotta: sostenere le cure primarie, come già proposto dall’Accademia Americana di Pediatria 10 anni fa25. Essa prevedeva 4 stadi di trattamento, di cui i primi due in carico al Pediatra di Famiglia (PdF): il primo svolto dal PdF da solo ed il secondo, detto “Gestione Strutturata”, svolto dal PdF con l’aiuto di un nutrizionista/dietista e/o uno psicologo e/o un laureato in scienze motorie. Questi professionisti, tutti formati all’Educazione Terapeutica, al rispetto della persona e della sua libertà, e motivati a sostenerne autostima e self efficacy della famiglia in cura, saranno coinvolti dal PdF secondo le necessità di ogni singolo bambino.

Se avremo il coraggio e le forze di realizzare ciò vedremo risultati inimmaginabili! 

BIBLIOGRAFIA

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