“Sono sempre stato preso in giro per essere grasso”: resoconti di bullismo nel calcio infantile. “I was always made fun of for being fat”: first-hand accounts of bullying in children’s football.

Flores Aguilar G., Prat Grau M., Ventura Vall-Llovera C., Ríos Sisó X. (2020). Physical Education and Sport Pedagogy.

Riassunto  Lo studio vuole esplorare le percezioni del bullismo nel calcio infantile con 9 sessioni di focus group (3 per ogni gruppo di partecipanti: giocatori, famiglie e allenatori) per conoscere: tipologia, cause, sede, sentimenti ed emozioni suscitate. I resoconti dei partecipanti mostrano l’esistenza di una vasta gamma di situazioni ed esperienze di bullismo e la necessità di un’azione immediata verso la prevenzione e l’eradicazione del bullismo nel calcio infantile.

Lo sport ha molti vantaggi ben noti. Non solo favorisce un migliore benessere fisico, mentale e sociale, ma può anche prevenire e ridurre il bullismo, se incorpora una forte componente educativa e crea ambienti di apprendimento sociale. Tuttavia gli studi dimostrano che almeno un terzo di tutti gli episodi, che si verificano al di fuori dell’ambiente scolastico, si verificano nello sport. Le vittime spesso abbandonano o cercano di passare a un altro sport meno organizzato o meno competitivo. Il bullismo si verifica più spesso negli sport di squadra che coinvolgono il contatto fisico, come basket, football americano, calcio e hockey, ed è particolarmente comune negli spogliatoi. I principali fattori di rischio descritti sono capacità atletiche inferiori, obesità o sovrappeso, disabilità o bisogni educativi speciali, appartenenza a una minoranza etnica e di orientamento di genere. Ulteriori fattori che ne aumentano la frequenza includono un ambiente altamente competitivo e le preferenze mostrate dagli allenatori. I maschi tendono a manifestare atteggiamenti più aggressivi rispetto alle femmine ed è più probabile che utilizzino un linguaggio omofobo, sia in ambito sportivo che scolastico.

Il bullismo è un fenomeno complesso: il suo studio richiederebbe un’ampia analisi del contesto socioculturale in cui si svolge. Un aspetto finora trascurato è la necessità di concentrarsi non solo sugli attori (“vittime” e “perpetratori”) ma anche sulle famiglie e sugli allenatori. Gli allenatori dovrebbero svolgere un ruolo proattivo nella creazione di un ambiente positivo che tuteli tutti i loro atleti dal bullismo; gli “spettatori” dovrebbero comprendere l’importanza del loro ruolo nella segnalazione dei casi e i club dovrebbero implementare campagne di orientamento, educazione e visibilità. C’è, inoltre, bisogno di politiche anti-bullismo.

Per implementare la limitata conoscenza sul fenomeno, è stato condotto uno studio attraverso focus group qualitativi su quattro squadre di calcio di bambini di 8-13 anni e un’accademia per allenatori collocate in diverse aree geografiche della Catalogna. Hanno partecipato allo studio un totale di 35 giocatori (età media 11 anni), 32 genitori e 40 allenatori. Lo studio ha confermato che il bullismo è argomento delicato e molto personale. Tuttavia, raggiunto un clima di fiducia, i resoconti dei partecipanti hanno confermato che il problema esiste davvero.

L’aggressione verbale sotto forma di insulti e soprannomi è la forma più comune di bullismo. Sono state individuate due cause: aspetto/caratteri fisici e livello di capacità atletiche, in particolare in situazioni di elevata competitività. Il sovrappeso era la ragione più frequente di bullismo verbale. Uno dei giocatori, ad esempio, ha detto “il mio compagno di squadra è vittima di bullismo perché è grasso”, mentre uno degli allenatori ha detto che “chiamare grasso qualcuno è lo scherzo più comune nel mio club”. Un altro allenatore ha ricordato che anche lui aveva subito bullismo da bambino: “Sono sempre stato preso in giro perché ero grasso”. In relazione alle capacità atletiche, un allenatore ha affermato che “il peggior giocatore della squadra, il giocatore meno abile, generalmente è vittima di bullismo”. Un altro allenatore ha affermato che “durante le partite, i bambini tendono a insultare i giocatori meno abili se fanno un errore”. I genitori hanno affermato che un ambiente altamente competitivo e la conseguente pressione erano fattori di rischio. In un ambiente eccessivamente competitivo, i giocatori sovrappeso, meno abili o di minor successo sono particolarmente vulnerabili al bullismo verbale o fisico e persino all’esclusione e all’isolamento. Gli scherzi, che sono una forma di bullismo fisico indiretto, sono presenti anche nel calcio infantile. Sia gli allenatori che i giocatori hanno affermato che è comune che gli abiti dei giocatori vengano nascosti o bagnati negli spogliatoi o nei servizi. Un’altra delle forme più comuni di bullismo individuate è l’isolamento e l’esclusione (bullismo sociale). Nonostante la giovane età dei giocatori di questo studio, ci sono stati anche alcuni resoconti di omofobia: i casi emersi evidenziano la vulnerabilità dei giovani calciatori LGTB (lesbiche, gay, bisessuali o transgender), costretti a scegliere tra lasciare il club o rischiare ulteriori atti di bullismo. I tre gruppi di intervistati hanno convenuto che la maggior parte degli episodi si verifica negli spogliatoi.

I partecipanti hanno anche parlato dei principali effetti emotivi dei diversi tipi di bullismo su vittime, bulli, spettatori, genitori e allenatori. Le principali emozioni descritte per le vittime sono state paura, tristezza, vergogna, apatia e impotenza. Il bullismo causa loro una grande sofferenza e di conseguenza ricorrono solitamente al silenzio e possono lasciare il calcio, ma può anche avere conseguenze più gravi, come ha raccontato una madre “gli insulti hanno fatto sì che mio figlio iniziasse a considerarsi grasso e smettesse di mangiare”.  Anche i bambini che assistono al bullismo “spettatori” possono avere paura e non parlarne apertamente. Il bullo è spesso identificato come capo squadra, figo, un esempio di “leadership tossica”, esattamente l’opposto di quello che ci si aspetterebbe da un leader, fonte di supporto e aiuto per la squadra. Genitori e allenatori sono spesso impreparati a riconoscere e affrontare situazioni di bullismo, e potrebbero quindi trarre vantaggio da programmi di educazione e prevenzione.