Articoli

L’Obesità infantile nelle Cure Primarie. Pediatric Obesity in Primary Practice. A Review of the Literature

Jessica Durbin; Mitzi Baguioro; Donita Jones. Pediatr Nurs. 2018;44(4):202-206. https://www.pediatricnursing.net/issues/18julaug/abstr7.html

Riassunto

L’obesità infantile è un’epidemia, con conseguenze fisiologiche e psicologiche negative sulla salute. I professionisti delle cure primarie (PCP) possono impegnarsi nella prevenzione dell’obesità favorendo comportamenti sani positivi dall’inizio della vita. Fornire supporto e interventi basati sulle evidenze può consentire ai bambini di evitare le comorbidità dell’obesità. La revisione della letteratura  2012 – 2017 con le parole chiave “obesità infantile”, “attività fisica”, “dieta” e ” indice di massa corporea ha permesso di evidenziare 4 studi:

1) studio randomizzato di controllo sugli effetti di un esercizio di allenamento di 10 settimane di ragazzi obesi da 8 a 10 anni,

2) studio trasversale su 6.539 bambini di 9 – 11 anni sulla correlazione tra attività fisiche/comportamento sedentario e BMI/ tassi di obesità,

3) studio randomizzato su 5158 bambini di età 6 – 11 anni sugli effetti di un programma di camminata sul BMI,

4) revisione sistematica sull’efficacia del comportamento alimentare e motorio scolastico di 22 studi, su 7218 bambini / adolescenti di 6 – 18 anni.

I risultati di tutti gli studi hanno rivelato una riduzione dell’obesità quando un’attività fisica adeguata e pasti equilibrati sono stati incorporati durante l’infanzia. Integrare i risultati basati sull’evidenza in pratica può favorire la salute e il benessere dei bambini e ridurre i costi sanitari attribuiti all’obesità.

 

Implicazioni per la pratica clinica

L’intervento sull’obesità infantile in una fase molto precoce della vita promuove comportamenti di salute positivi instillando scelte di stile di vita sano che miglioreranno la salute generale e preverranno le complicazioni in adolescenza e in età adulta. La prevenzione deve iniziare al concepimento perché l’aumento di peso materno influenza l’aumento di peso neonatale. È necessario porre l’accento sul ruolo dei Pediatri di Famiglia (PdF)nella pratica clinica per ridurre questa malattia.

Una delle implicazioni di questa rassegna nella pratica clinica è l’importanza dello screening e della diagnosi dell’obesità e di altre condizioni di comorbidità da parte dei clinici. I PdF devono incorporare nella propria pratica uno screening regolare dell’obesità infantile, indipendentemente dalla valutazione periodica annuale. Questa routine dovrebbe verificarsi durante ogni visita di controllo. Lo screening annuale dell’obesità dovrebbe includere il calcolo del BMI e la valutazione con le carte di crescita dai 2 ai 18 anni e le soglie di sovrappeso e obesità in base all’età e al sesso del bambino, nonché il controllo della pressione arteriosa dai 3 anni. I medici dovrebbero proporre valutazioni di laboratorio a seconda dell’età, del BMI. Lo screening annuale deve includere la valutazione dell’alimentazione, dell’attività fisica e dei comportamenti sedentari del bambino, dei fratelli, dei genitori e caregiver.

I PdF possono condurre tecniche di intervista secondo i principi del Colloquio di Motivazionale con il bambino, i genitori e gli operatori sanitari. Questa tecnica è utile per ridurre gli ostacoli ed identificare le barriere che il bambino e il genitore o il caregiver potrebbero avere nei confronti di scelte alimentari sane e attività fisiche come tempo e vincoli finanziari, paura di lesioni, vincoli coniugali, sicurezza e altre condizioni mediche. Interviste motivazionali e lodi agli sforzi compiuti possono essere utilizzati dai clinici per incoraggiare il cambiamento del comportamento.

L’algoritmo di prevenzione e persino di gestione dell’obesità pediatrica si concentra sull’intervento di educazione e incoraggiamento dei bambini e delle famiglie a raggiungere un peso sano attraverso un equilibrio tra assunzione, attività fisica, riposo, sonno e tempo sedentario appropriato per l’età del bambino.

Raccomandazioni nutrizionali e di attività fisica per i bambini con obesità età da 2 a 4 anni includono l’evitare bevande zuccherate, come i succhi di frutta, incoraggiando il gioco libero per il maggior numero di ore possibile per ridurre l’attività sedentaria.

I bambini dai 2 ai 4 anni con BMI inferiore all’85 ° al 95 ° percentile dovrebbero mangiare da 1 a 1,5 tazze di frutta / verdura al giorno e avere meno di 2 ore di schermo al giorno (TV, computer, video giochi o cellulare).

Quelli con BMI superiore al 95° percentile sono incoraggiati a limitare l’assunzione di carboidrati mentre aumentano una dieta a basso indice glicemico (alimenti che impediscono l’aumento di glucosio nel sangue come grano integrale, avena, crusca, patate dolci, frutta, carote e altre verdure non amidacee) e 1 ora o meno di tempo per lo schermo al giorno.

Le raccomandazioni per tutti i bambini di età compresa tra 5 anni e l’adolescenza includono l’evitare bevande zuccherate e il facilitare 60 minuti di attività fisica moderata/ vigorosa. Quelli con BMI inferiore all’85 ° al 95 ° percentile dovrebbero mangiare da 1,5 a 2 tazze di frutta e 3+ tazze di verdura al giorno e limitare il tempo di schermo a 1-2 ore al giorno. Quelli con BMI superiore al 95° percentile dovrebbero limitare l’assunzione di carboidrati mentre aumentano la dieta a basso indice glicemico e limitare il tempo di visualizzazione a meno di 1 ora al giorno. Le attività fisiche possono includere prendere, lanciare la palla, correre, camminare, ballare, nuotare, andare in bicicletta e praticare sport (American Academy of Pediatrics AAP, 2016).

Un’altra raccomandazione è l’educazione familiare. Educare non solo il bambino, ma anche i genitori, i tutori e gli assistenti sanitari è una delle misure più efficaci per garantire l’aderenza e risultati di successo duraturi. I messaggi di prevenzione dell’obesità dovrebbero essere indirizzati ai genitori e ai caregiver del bambino perché le buone abitudini dietetiche e di esercizio fisico iniziano a casa (Babey, 2015). I genitori e i caregiver hanno influenze durature sulle scelte, che i bambini fanno. La consulenza e l’insegnamento di bambini e famiglie per limitare il consumo di bevande zuccherate, seguire una dieta con le quantità raccomandate di frutta e verdura, fare colazione ogni giorno e pianificare il più possibile i pasti in famiglia dovrebbe essere fornite ai bambini. L’importanza di evitare i fast food, adeguare le dimensioni delle porzioni all’età, evitare la televisione prima dei 2 anni, partecipare alla pianificazione e preparazione dei pasti familiari, fare shopping e impegnarsi in attività ricreative familiari che coinvolgono tutti dovrebbero essere ribadite perché sono essenziali nella lotta all’obesità. I genitori e gli operatori sanitari dovrebbero essere invitati e incoraggiati a creare buoni esempi per i loro figli, facendo scelte salutari e diventando dei buoni modelli per un percorso di benessere per i loro figli.

Conclusione

Gli operatori delle cure primarie sono fondamentali nell’aiutare e promuovere cambiamenti positivi nei bambini e nelle famiglie. La modifica dello stile di vita delle famiglie attraverso un’alimentazione sana e attività fisica può avere un impatto sul peso e sul benessere . L’attività fisica moderata di almeno 1 ora al giorno, nonché un’alimentazione equilibrata consistente in una riduzione della quantità di zucchero, grassi e bevande zuccherate, hanno contribuito a ridurre il BMI e così l’incidenza dell’obesità tra i bambini e gli adolescenti.

L’uso del BMI esclusivamente per misurare l’obesità ha dei limiti clinici. Ulteriori ricerche che utilizzano sia la percentuale di grasso corporeo che le misurazioni del BMI attraverso la tecnologia avanzata (bioimpedenziometria e densitometria) hanno una misurazione più diretta sul grasso corporeo e sui muscoli. Pertanto, tali metodi sono molto più precisi per il monitoraggio clinico dell’obesità e dello stato di peso nei programmi di ricerca e per la guida di politiche per promuovere un peso sano nei bambini.

La PDF italiana dovrebbe farsi avanti pe affontare con successo questo tema

 

 

Una anzi due Storie che aiutano a capire. Donato G, Tanas R, Lera R.

29 Maggio 2018  Un Pediatra di Famiglia di Cuneo, Guido Donato, mi scrive una mail. “Cara Rita, Volevo leggessi queste due belle storie il cui merito è in parte anche tuo. Quando le ho raccontate a mia moglie mi ha detto: devi proprio scrivere a Rita!”  Guido è uno dei Pediatri di Famiglia ai quali ho offerto, sei anni fa, un percorso di formazione sulla terapia del bambino e del ragazzo con eccesso di peso. Da allora, per quelle strane alchimie personali e professionali, abbiamo iniziato a scriverci e vederci, quando possibile, durante eventi scientifici e non. Eccovi le due storie raccontatemi.

 La storia di S.  ”S. è una normalissima bambina di 8 anni – dice la madre – molto dolce, affettuosa e un po’ insicura, cresciuta normopeso fino all’età di circa 5 anni. Il suo problema risale agli ultimi due anni.” Al bilancio di salute, grazie all’intervento di Donato, i genitori di S. sono stati costretti a prendere coscienza del fatto che la bambina avesse dei problemi di peso, non gravi, ma c‘erano… S. è infatti “una bimba inizialmente in sovrappeso successivamente sfociata in obesità non grave, ma in rapido peggioramento”. I genitori non se ne erano accorti sino a quel momento? Probabilmente non era per loro un problema grande o meglio volevano far finta che non lo fosse. Alla comunicazione del pediatra, tuttavia, i genitori chiedono un ulteriore incontro per parlarne ancora…

La mamma, quell’incontro lo ricorda ancora molto bene: “Non nascondo il fatto che da mamma ci rimasi abbastanza male. Mi sentivo quasi come se fossi io la causa dei problemi di S. Mi sono sentita come una madre poco attenta, non buona, non in grado di scegliere il meglio per la propria bambina. Ricordo ancora l’amarezza che ho provato durante quel momento. Convinta com’ero che S. non andava matta per cibi ‘cattivi’, come caramelle o bevande gassate, immediatamente ho pensato che avremmo dovuto eliminare le cose buone che piacciono a tutti i bambini, come la carne impanata, le frittelle, il cioccolato… S. fino ad allora aveva un’alimentazione abbastanza normale, o perlomeno noi pensavamo così. Gradiva soprattutto pasta, affettati, carne, pesce, dolcetti, e molto cioccolato e la Nutella. Non gradiva assolutamente verdura, anche se mangiava il passato, formaggi, merendine, bevande gassate e caramelle. Noi fino ad allora ritenevamo davvero che avesse un’alimentazione abbastanza corretta…”

Il Pediatra, vista l’età di S., ha tentato di coinvolgere solamente i genitori che si sono rivelati bravissimi: hanno apportato alcune modifiche alle loro abitudini senza che la bimba praticamente se ne accorgesse. Anche loro erano in lieve sovrappeso, quindi il progetto andava bene per tutti.

La mamma racconta “sotto la guida del Pediatra ci siamo resi conto che per il bene della bambina si doveva cambiare qualcosa. Ma cosa? La mia paura più grande era quella che S. fosse presa in giro da compagni e amici, ma cosa ancora più grave che nostra figlia potesse sviluppare un disturbo del comportamento alimentare, magari nell‘età adolescenziale. Ricordo un episodio in cui la bambina arrivò a casa da scuola triste… Non subito, ma dopo un po’, mi disse che alcune compagne le avevano detto che lei non aveva la pancia “dritta” come loro. A soli 7 anni!! Noi cercammo di non dare troppo peso a questo episodio. Il pediatra ci diede alcune dritte: non dovevamo eliminare, ma ridurre ad esempio l’abitudine del dolcino a fine pasto, modificando invece altre abitudini, incentivando il movimento con passeggiate e sport. La cosa più importante era che S. NON SI ACCORGESSE DI NULLA! NON DOVEVA PERCEPIRE NESSUN CAMBIAMENTO SPIACEVOLE! Questo per non andare ad intaccare la sua autostima e quel suo essere molto sensibile, fonte di insicurezza. Con molte incertezze iniziammo questo nostro nuovo percorso! Non fu facile e i dubbi, in quei momenti, furono tanti

Nel programma terapeutico “Perle e Delfini”, che insegno ai Pediatri, si consiglia di non dare ai genitori consigli precisi su cosa fare. Consigli e prescrizione, infatti, danno l’impressione che non ci fidiamo di loro, oltre al rischio di suggerire loro le cose meno adatte. Debbono invece trovare la loro strada da soli e realizzarla nella loro vita. Ci riusciranno solo se ci fideremo davvero di loro e glielo dimostreremo accompagnandoli con garbo e sostenendoli con continuità.

La mamma di S. prosegue il suo racconto così: “Abbiamo cercato di ridurre un po’ i dolci, i condimenti, e le quantità”. E aggiunge “Dopo un po’ di incontri e qualche piccolissimo miglioramento, il Pediatra, pronunciò una frase che mi colpì molto! Si stava parlando dell’alimentazione ed io usai la parola “dieta“. Il Pediatra disse: la dieta, come comunemente viene intesa, non serve! La dieta in sé è una restrizione, un regime che fa male, che si riesce a rispettare solo per un po’ di tempo, poi ci si annoia, ci si stufa, ci si sente prigionieri e si molla. Effettivamente mi ritrovai molto in questa sua affermazione, anche per esperienza personale. Questa frase mi diede insomma uno scossone, una spinta più decisa a provarci con più determinazione. Da allora, quindi, provammo tutti ad imparare a mangiare in maniera più sana escogitando alcuni “trucchi”, rivelatisi poi effettivamente molto utili:

  • mettere in tavola tutto il pasto per poter mangiare tutti insieme, consapevoli del cibo consumato, assaporando il tempo trascorso insieme;
  • porzionare il cibo per tutti, secondo la regola “un po’ per uno non fa male a nessuno”;
  • consegnare a ciascuno la propria porzione di pane per il pasto, invitando ciascuno ad autoregolarsi (abbiamo inoltre iniziato a scegliere pane con meno grassi);
  • ridurre la quantità di olio, formaggio e condimenti in generale;
  • assaggiare tutti i cibi, anche quelli non graditi. Per S. inizialmente questo passaggio risultò difficile, ma con un po’ di incoraggiamento e soprattutto con gli elogi per averci provato questi tentativi sono diventati una specie di “gioco”. Quando capitava in tavola un cibo che assolutamente non piaceva ci complimentavamo con S. per averci provato e si abbandonava momentaneamente quel cibo;
  • scegliere un giorno della settimana per il dolce. Magari preparando una torta insieme e condividendola dopo un pasto!
  • stabilire insieme il menù della settimana, per alternare carne, pesce, uova e formaggi.

Infine, un altro punto su cui abbiamo lavorato parecchio è stato quello di “istruire” i nonni per quando S. si fermava a pranzare o cenare da loro. I nipotini secondo i nonni non mangiano mai abbastanza! Sono pronti a viziarli con dolciumi, gelato, cioccolato..: è questo un gesto affettuoso, ma involontariamente dannoso. Quindi abbiamo cercato di raggiungere un accordo con i nonni, senza stravolgere completamente e drasticamente i loro comportamenti verso la bambina.

I bambini accettano volentieri cambiamenti piccoli e graduali che diventano per loro una routine normalissima.”

Il Pediatra mi racconta che all’inizio ha incontrato questa famiglia due, tre volte, poi si sono sentiti solo via mail, poi nulla per vari mesi. Al successivo bilancio di salute, la bimba presentava un buon andamento del suo BMI, mantenuto ormai da un anno e mezzo, senza che si fosse accorta di nulla. I genitori avevano cambiato modo di alimentarsi per piccoli passi (senza diete, senza esami, senza visite specialistiche, senza idee illusorie e pericolosissime come perdere dieci kg in tre mesi e via dicendo) incrementando l’attività fisica sia con qualcosa di autogestito sia organizzato (pallavolo e nuoto).

Inoltre, mi scrive ancora il Pediatra: “La mamma, che conosco da quando S. è nata, con emozione mi ha ringraziato più volte confidandomi come anche lei da alcuni mesi facesse più attenzione a tante piccole cose, introducendo qualche altra buona abitudine in casa (per esempio una porzione fissa di verdura a tutti i pasti, verdura che ormai S. chiedeva e desiderava), senza perdere il senso del piacere di stare a casa e di mangiare bene insieme con alcuni tranquilli strappi alla regola. La madre mi ha confessato che lei stessa aveva perso nove Kg in quattro mesi, senza diete e prescrizione di alcun genere. Nella speranza che non cadessero nell’errore di autoprescriversi eccessive restrizioni. Mi sono sentito bene: ero felice per loro e per il mio lavoro”.

Abbiamo ricostruito la curva di crescita di S. Il suo BMI zscore è sceso da 2,3 =Obesità ad 1,3 =solo “sovrappeso”!

La mamma scrive ancora: “L’importante per la nostra famiglia è stato cercare di attuare questi cambiamenti in maniera graduale, piacevole, non stressante, ma soprattutto TUTTI INSIEME E TUTTI D’ACCORDO. Per noi è stato molto gratificante il giorno in cui S., spontaneamente, ci ha chiesto la sua porzione di pomodori! Capisco che possa sembrare solo un piccolo traguardo, ma, per una bambina che non mangiava assolutamente pomodori, è stato un bel passo in avanti! Un altro aspetto assai importante per S. è stata l’attività fisica. L’aveva iniziata già a 4 anni passando poi ad uno sport di squadra, perché l’autostima e la timidezza ne potessero uscire migliorate. Secondo noi è stato importante scoprire questa sua voglia di cambiare e sperimentare più attività, provando cose nuove, senza il rischio di annoiarsi e di “montarsi la testa”; vorrei infatti che mia figlia si divertisse, senza cercare di diventare una campionessa!”

E conclude “Questa è stata a grandi linee la nostra piccola esperienza, ancora in essere in realtà, anche perché, come ho detto prima, ormai è diventato per noi un stile di vita normalissimo, dal quale abbiamo tratto vantaggio un po’ tutti. In pratica un miglioramento della scelta dei cibi, del modo di cucinarli (ad esempio la cucina a vapore) con la scoperta di nuovi sapori, che adesso fanno parte del nostro quotidiano. Un altro beneficio raggiunto è stato il miglioramento del peso, anche di noi genitori, con conseguente aumento dell’autostima e della voglia di continuare! Quindi solo uno Stile di vita alimentare più sano, arricchito da una buona attività fisica (sport o anche più semplicemente passeggiate, pedalate, nuotate, gite fuoriporta nei weekend con la famiglia al completo); la nostra ‘ricetta’ è tutta qui!

La storia di A.  La mamma di A., una ragazza di 11 anni, un bel giorno mi manifesta l’interesse di prendersi cura dell’ingravescente sovrappeso della figlia. Iniziamo così una serie di incontri, più o meno trimestrali, in cui insieme proviamo a mettere in pratica il solito programma Perle e Delfini, condividendo piccole scelte e piccoli obiettivi da realizzarsi nel gruppo familiare, valutando i possibili episodi di derisione. Unico accertamento richiesto: un incontro ogni 3 mesi circa. A. è un ragazzina sedentaria e un po’ timida, per cui ci concentriamo soprattutto su qualche piccolo cambiamento alimentare: riduzione del formaggio, poi dello zucchero nei dolci; in un’altra occasione ci occupiamo dei condimenti e così via. Inoltre cerchiamo di incrementare l’attività fisica. L’arrivo di un cane in casa porta A. ad uscire un po’ di più, passeggiando con la famiglia. Nei primi mesi il BMI scende di un punto (prima stava salendo rapidamente), poi ai controlli successivi ha una discesa più lenta con alti e bassi. Nel frattempo il papà, già in sovrappeso, smette di fumare e acquista molti chili. Rivedo A. dopo 4 mesi: ha preso circa 5 kg, ma si sta sviluppando e so che questo non aiuta le ragazze; lo spiego alla famiglia e non stresso molto la faccenda. Parliamo piuttosto di cosa fare.

Rivedo A. dopo 6 mesi e subito mi accorgo che è un po’ più snella. In effetti è cresciuta di qualche cm e ha perso quasi un Kg. Ma c’è un’altra novità: questa volta la accompagna il padre e lui di chilogrammi ne ha davvero preso tanti, direi quasi una ventina. Non fuma più, ma è francamente obeso. Tuttavia, mi dicono che hanno comprato una cyclette e che la usano tutti e due un po’ per uno. Il padre mi “confessa” che, da qualche tempo, A. lo coinvolge e quasi lo “obbliga” a fare qualcosa (Per esempio: la domenica scorsa volevano vedere la partita in paese e la figlia non gli ha permesso di prendere la macchina: sono andati a piedi). Ruoli che si invertono, buone abitudini che contagiano!! Sono felice! Questa storia continua ancora. A. è più contenta, ha evitato l’obesità, ridotto il BMI in un’età in cui la pubertà lo fa crescere fisiologicamente e l’adolescenza rende più difficile qualunque tipo di cura. Il tutto senza diete ed esami e, a dire di A., senza fatica o ossessioni di vario tipo. Il BMI zscore è passato da 2,3 in ascesa a 1,6 stazionario.

Sentite come A. racconta questa sua storia: “Ho iniziato il percorso per migliorare la mia alimentazione nell’autunno 2016; avevo 11 anni ed ero in sovrappeso. Quando il mio Pediatra me l’ha fatto notare ci sono rimasta male. Dentro di me mi rendevo conto di essere più robusta degli altri, però mi pesava che me lo dicessero. Abbiamo cominciato una serie di incontri per affrontare il ‘problema’ in maniera molto tranquilla. Con il dottore decidevamo di volta in volta piccole cose da fare per ridurre un po’ le calorie. Senza però che  la faccenda mi riuscisse difficile. Ho incontrato una sola volta una dietista che mi ha spiegato come mangiare meglio, senza patire la fame. Il mio problema più grande infatti è che adoro mangiare e mi piace praticamente tutto. Il percorso è stato lungo, ma non pesante; ogni volta che si aggiungeva un ‘passo’ in più, gli altri erano già diventati per me normali. E’ un lavoro che ho fatto con tutta la mia famiglia perché abbiamo stabilito nuove regole alimentari che hanno coinvolti tutti, così che io non mi sentissi ‘diversa’.  Mi è servito molto leggere il libro che mi ha consegnato il mio Pediatra “Perle e Delfini per ragazzi”, prima di tutto perché ho capito che il problema non è solo mio e poi perché mi ha dato molti spunti per andare avanti. Per esempio è stato importante l’utilizzo del contapassi. Io non amo lo sport e sono molto tranquilla e sedentaria. Il contapassi mi ha invogliato a muovermi di più cercando ogni giorno di battere i miei record. I miei genitori, inoltre, mi hanno regalato un cagnolino con cui mi piace fare passeggiate.

Ci sono stati anche momenti di delusione e rabbia agli appuntamenti in cui non ero migliorata o anzi addirittura peggiorata, ma né il mio Pediatra né la mia famiglia me l’hanno mai fatto pesare o valutare come una colpa. Anzi mi hanno dato nuovi consigli e sostegno per non rinunciare. Ora ho 13 anni e sono contenta di avere seguito questo percorso. Non sarò mai una modella, ma mi piaccio così come sono adesso!

La lettera del Collega concludeva così: Rita, queste due belle storie sono anche tue, perché mi hai trasmesso con piacere e generosità una parte importante del tuo sapere e della tua esperienza. E’ proprio vero, almeno in questo campo (ma credo anche in altri): molte persone hanno solo bisogno di essere rispettate nelle loro scelte, sostenute, incoraggiate e aiutate a non commettere grossi errori che potrebbero farli soffrire. Ovviamente non sempre le cose vanno così bene: a volte la gente si perde per strada, a volte preferisce altri percorsi, altre volte ancora non si accorge o non vuole accorgersi del problema, oppure purtroppo trova un operatore non all’altezza. Siamo tutti liberi e tutti condizionati da noi stessi e dal mondo esterno. L’importante è lasciare sempre la porta aperta accogliendo le persone con un sorriso e un po’ di affetto. Il resto lo sanno fare loro! Come ti ho sentito ripetere spesso in formazione: ‘Non sono vasi da riempire, ma fuochi da accendere’. Un grande abbraccio, a presto. Guido”

Ed io cosa posso aggiungere?  In questa storia i più attenti potrebbero cogliere un denominatore comune tra i vari personaggi (Pediatra “formatore, Pediatra di famiglia, genitori, bambina e ragazza): per una qualità di vita migliore la disponibilità al cambiamento. Sensazioni di colpa e inefficacia potrebbero essere raccontati da tutti: il formatore che non riesce a trascinare al cambiamento gli operatori sanitari, questi che a loro volta non riescono a coinvolgere le famiglie a seguire stili di vita più sani, i genitori in lutto per la perdita del bambino ideale e infine i bambini che si confrontano con una corporeità difficile da accettare, sentendosi goffi, impacciati e derisi.

Ma se si accende una scintilla che anima un fuoco interiore, nasce una fiducia reciproca che permette di mettersi in gioco di nuovo nella relazione. Non sempre la relazione funziona e spesso la tentazione dell’abbandono è alta: non tutti siamo pronti alle sfide ed a sincronizzare i nostri impegni. Ecco, forse la magia sta proprio nella sincronizzazione: tutti, alla fine, scopriranno il potere dell’autostima e autoefficacia. L’obiettivo del peso è in realtà solo una parte del risultato: il vero obiettivo è proprio il miglioramento della qualità della vita.

Ognuno, in una relazione paritaria, tira fuori il meglio di sé, senza prescrizioni, utilizzando parole e azioni “sostenibili”; alla fine… nessuno è più uguale a se stesso e tutti sono cambiati.

Come concludere?  Questa pagina a più mani è stato un regalo prezioso per i miei 65 anni! Il mio progetto lo hanno raccontato così bene il Pediatra e le sue due famiglie! Una cura “nuova” che non spiega cosa “devi” e “non devi” mangiare, cosa “devi” e “non devi” fare, ma fa crescere con amore un progetto di salute possibile per ogni famiglia al fine di aiutarla ad operare le scelte migliori per sé. Non aggiungo altro; chi volesse saperne di più può scrivermi e sarà esaudito.

Condurre un ambulatorio con problemi di obesità è un’attività che mi da ancora, dopo 45 anni, molta soddisfazione perché vedo rinascere il sorriso nei bambini e nei loro genitori, a volte fra lacrime finalmente accolte.

Costruire formazione sull’obesità è un’esperienza entusiasmante! Purtroppo la maggior parte dei colleghi, prima di incontrarmi, non ha nessuna voglia di parlare di questo tema, che reputa, come molti, fallimentare. Dopo, pur contagiati dal mio entusiasmo, hanno una certa paura a provarci, soli fra la derisione e la sfiducia generalizzata di tanti. Temono di non essere all’altezza!

E così spesso si perde di vista un progetto che potrebbe dare tanto sia alle famiglie che ai professionisti, anche a quelli che, come me, pur con poche doti comunicative di partenza, si vogliono cimentare in un campo dove qualche minuto di “ascolto empatico” fa miracoli!